Le origini

Burnett nel 1977 ha affermato che i colloqui di counseling sono un’interazione tra un professionista e la persona che chiede aiuto, tale colloquio ha lo scopo di supportare la persona in un processo decisionale relativo a problematiche di tipo personale.

Questa definizione è stata ripresa in seguito da Rogers che ha rinnovato il processo, per questo viene considerato l’ideatore del colloquio di counseling. Un colloquio di aiuto non direttivo, è centrato esclusivamente sulla persona che lo chiede. L’innovazione messa a punto da Rogers favorisce lo spostamento dell’attenzione dall’operatore alla persona, la persona in questo caso viene considerata totalmente capace, responsabile e pronta per risolvere i problemi personali dopo aver maturato dentro di sé la consapevolezza. Il professionista fornirà supporto durante tutto il processo, ma il protagonista del colloquio sarà esclusivamente la persona.

L’associazione britannica del Counseling (BAC) nel 1985 ha ridefinito il concetto di colloquio per offrire alla persona l’opportunità di esplorare, scoprire e chiarire tutti i modi per vivere una vita più fruttuosa, l’obiettivo della associazione britannica consiste nel mirare ad un elevato stato di benessere della persona.

Per ognuno di noi aumentare la consapevolezza di se stessi permette di avere una visuale molto più ampia sulle risorse personali, per questo si può puntare a delle strategie per poter condurre una vita molto più serena, sia in ambito personale che professionale.

Il counseling è fondato su tre strategie specifiche:

  • favorisce le decisioni in ambito scolastico o professionale, questo viene chiamato col nome di: counseling di orientamento;
  • incoraggia e supporta gli insegnanti e i genitori nella loro relazione educativa, questo prende il nome di: counseling scolastico;
  • migliora la qualità della vita nell’ambito dell’organizzazione del lavoro, si tratta di: counseling professionale.

Il counseling non è unico e specifico, può seguire vari modelli di contatto con la persona: umanistico, psicodinamico, cognitivo-comportamentale, di Gestalt, di PNL, di analisi transazionale.

Si può considerare il counseling molto differente dalla tradizionale psicoterapia, siccome si concentra su problemi specifici che per la maggior parte sono legati al presente di una persona e non al passato, questa tecnica non è volta ad intervenire sulla struttura della personalità della persona.

Colloquio e formazione: quale colloquio per quale formazione?

Tutti i processi formativi non sono considerati solo come un’occasione per apprendere cose nuove, ma anche di incontro e confronto con altre persone, la messa in discussione di se stessi, crescita e sviluppo personale: un ambiente in cui ogni persona può mettersi in gioco, senza differenze di genere o di età, si rapporta in modo concreto e simbolico nell’ambito lavorativo e sociale.

Il colloquio è essenziale, fa parte del sistema formativo e viene proposto alla persona che sarà parte integrante del percorso, nel quale la persona sarà guidata e cercherà di impegnarsi ad agire in sinergia con tutti i processi della formazione. La regola principale in qualsiasi colloquio è il patto psicologico che il professionista stringe con la persona, per poter instaurare un rapporto di fiducia e per cogliere il senso e la potenzialità dell’incontro, ma soprattutto per riuscire a creare buoni presupposti per la realizzazione degli obiettivi che la persona si pone.

Nel counseling si trovano tre setting tra cui si ha libera scelta.

1) Percorsi formativi e post laurea

I percorsi post laurea e formativi propongono ai ruoli professionali un apprendimento su tutti i contenuti della materia, su expertise e know how di tipo sia tecnico che specialistico.

Lo scopo è quello di fornire molteplici opportunità professionali per far sentire la persona sicura e in grado di orientarsi nei numerosi contesti in cui dovrà confrontarsi. Questo percorso è adatto a tutti i giovani appena laureati che vogliono acquisire le conoscenze base prima di avvicinarsi al mondo del lavoro, ma anche per le persone più adulte che vogliono cambiare il settore di impiego o il proprio ruolo professionale. L’apprendimento riservato agli adulti di distingue da quello impartito ai giovani. Rispetto a quello scolastico, l’adulto si interroga maggiormente sull’utilità di tutto ciò che gli viene insegnato, e su come può integrare la sua esperienza lavorativa già avviata, ma soprattutto su come la nuova formazione potrà favorire il processo di cambiamento. Questo strumento è molto utile per supportare il concetto che la formazione esce e deve uscire dall’aula e che deve sfruttare in modo sinergico varie tecniche. Si utilizzano in momenti importanti, critici e/o di snodo di processo, quando diventa cruciale supportare la persona nel trovare senso in ciò che accade, nell’attivare le proprie migliori capacità, nell’impostare salti di qualità.

2) Percorsi formativi realizzati nell’organizzazione di lavoro

Per quanto riguarda il processo formativo nell’ambito dell’organizzazione del lavoro ci sono diverse tipologie di formazione:

  • formazione di tipo tecnico, che punta al salto di qualità atteso dai partecipanti;
  • formazione comportamentale, stimola la pensabilità e i nuovi modelli;
  • formazione manageriale, si rivolge ad aspetti hard e soft dei ruoli lavorativi;
  • formazione team building, l’attenzione è rivolta esclusivamente al gruppo e ai singoli;
  • formazione del potenziale, supporta le capacità sul medio pericolo.

Il colloquio in questo ambito viene vissuto come una significativa opportunità personale, ma anche come una sorta di naturale proseguimento dell’attività formativa. Anche in contesto professionale si rivela fondamentale, sempre e comunque, il contratto in particolare rispetto alla riservatezza dei contenuti che emergono in sede di colloquio.

3) Laboratori di empowerment

Questa tipologia di formazione è più complessa, viene realizzata attraverso dei laboratori che si svolgono in tre giornate consecutive, dedicate esclusivamente alla crescita personale, con l’obiettivo di aumentare l’energia interna della persona che lavora su dimensioni come ad esempio: crescita e sviluppo personali, protagonismo della persona sulla propria vita, mobilitazione delle proprie migliori risorse ed energie, elaborazione e aggiramento delle difficoltà soggettive.

Il colloquio può essere svolto prima del laboratorio, come momento dedicato all’attivazione del personale, ma anche dopo la formazione come strumento di supporto per avere un quadro ben preciso di quanto si è appreso in sede formativa.

Quindi, in breve, gli aspetti che si distinguono nella formazione che prevede il colloquio di sviluppo, sono:

  • formazione che persegue contemporaneamente obiettivi diversificati, cioè di orientamento, di acquisizione di competenze, di elaborazione delle difficoltà e della sperimentazione di nuove possibilità;
  • formazione intesa come un’occasione per lo sviluppo personale, cioè sfruttata non solo come luogo di apprendimento dei contenuti tecnici e di formazione dei ruoli professionali, ma anche come occasione di crescita in cui il soggetto stesso può rafforzarsi ed acquisire più fiducia in se stesso;
  • attenzione ai singoli soggetti, monitorando i successi e le difficoltà, operando col fine di facilitare lo sviluppo della persona ed il rapporto tra lo sviluppo personale di contenuti.

Questo è un tipo di formazione di supporto e incisivo per la crescita dell’individuo, che si concentra sulla persona, e le consente di accedere a strumenti e a tutte le occasioni, non solo relative alle competenze tecniche ma anche a risorse che sono preziose e molto utili per la propria crescita.

Il colloquio di sviluppo personale in formazione: il modello di riferimento

Fin dal primo momento, durante un colloquio di supporto o consulenza, ogni persona è considerata orientata verso lo sviluppo personale e in grado di contribuire in maniera attiva alla propria autorealizzazione. Ogni persona è desideroso di superare i momenti difficili della propria vita, oltre ad essere bisognoso di aiuto, possiede anche molti punti di forza e ha voglia di crescere e conoscersi, può farlo operando dei salti di qualità che abbiano un significato e un valore.

Con l’aiuto e il contributo di Carl Rogers nei confronti dei colloqui di counseling, l’attenzione si è spostata da un atteggiamento assistenzialista ad uno di corresponsabilità. La persona che si decide a chiedere aiuto è considerata al centro del colloquio e capace di autodeterminazione. Non a caso, Rogers è stato uno dei primi a parlare di colloquio non direttivo ma centrato sulla persona.

Gli obiettivi dell’intervento

Durante il primo colloquio si può individuare quale intervento di consulenza individualizzata deve essere messo in atto, la logica del counseling non è quella di offrire soluzioni ma proporre supporto, per far sì che la persona riesca a sfruttare al meglio l’utilizzo delle proprie energie, le proprie risorse e potenzialità col fine di riuscire ad aumentare il proprio benessere fisico e psichico.

Tutto viene delineato come un momento in cui c’è una grande attenzione su di esso, al suo mondo interno e alla sua relazione con la realtà esterna.

Le dimensioni che il professionista conduttore del colloquio, cerca di sviluppare nella persona sono: 

  • investimento principale sui fattori interni, piuttosto che su tutto quello che riguarda il mondo esterno;
  • utilizzare in modo strategico, dopo averle individuate, le capacità e le risorse interne della persona;
  • miglior utilizzo delle risorse personali, competenze personali e metacapacità;
  • costruzione di un progetto e di pensiero positivo del soggetto rivolto al futuro;
  • ampliare il senso del protagonismo personale e della percezione di poter vivere a pieno la propria vita, o almeno alcune dimensioni di essa;
  • mobilitazione della sfera desiderante del soggetto;
  • aggiramento delle aree in cui risiedono maggiori problemi e difficoltà che bloccano la persona;
  • individuazione e mobilitazione di nuove risorse, sia che riguardano i fattori interni sia che riguardino l’ambiente circostante;
  • progettazione e costruzione di sperimentazioni innovative.

Gli elementi più importanti del colloquio

Eliminare le barriere

Poiché lo scopo di un colloquio motivazionale è quello di ritagliarsi un percorso che sposti l’attenzione dal paziente dalle sue barriere, e portarla verso il cambiamento. Ha quindi senso iniziare il colloquio guardando ciò che blocca la persona, perché è qui che inizia il percorso. Il consulente potrebbe decidere di esplorare l’ambivalenza della persona verso un potenziale corso d’azione o la sua resistenza al cambiamento chiedendo all’individuo: cosa ti spaventa del cambiamento di carriera? Questo permette alla persona di individuare esattamente ciò che gli impedisce di impegnarsi in un cambiamento di carriera. Una volta che sa quali sono le barriere, può iniziare a sviluppare una strategia per superarle.

Motivi

Per incoraggiare ulteriormente la persona ad andare verso il cambiamento, il consulente dovrà aiutarlo a riconoscere che ha dei motivi per cambiare. A tal fine, un esempio di una buona domanda da porsi è: in una scala da 1 a 5, quanto è importante per lei trovare un nuovo lavoro? Dopo la risposta della persona, il consulente può rispondere con una domanda del tipo: cosa la farebbe passare da quel numero, al numero successivo? In questo modo la persona si farà un’opinione su come aumentare la sua motivazione.

Capacità

una persona può resistere a un cambiamento di lavoro o di carriera perché crede di non avere la capacità di svolgere il suo ruolo ideale. Per aiutare un tale individuo a superare questo timore di fallimento, un consulente di counseling potrebbe porre domande che fanno valutare le sue competenze. Questo può permettere all’intervistato di rendersi conto che, di fatto, ha la capacità di fare il lavoro che vuole fare. Un esercizio che il consulente e la persona possono fare insieme è quello di guardare un annuncio per un lavoro che la persona vuole, con il consulente che chiede al potenziale candidato di fare un esempio delle volte in cui ha usato le competenze menzionate nella descrizione del lavoro.

Impegno

Il consulente può chiudere il colloquio ponendo domande che hanno due scopi. Il primo scopo è quello di riaffermare nella mente della persona il suo impegno per un cambiamento. Il secondo è quello di dargli l’opportunità di articolare le azioni che intende intraprendere per raggiungere il suo obiettivo di carriera. Una domanda come: cosa puoi fare questo pomeriggio per fare un passo verso dove vuoi essere? Questo permette alla persona di pensare a qualcosa che può fare in un lasso di tempo molto breve che lo porterà più vicino al suo obiettivo.

Le fasi del colloquio e la sua conduzione

Prima fase: Avvio del colloquio e patto con la persona

Sin dal primo momento in cui si avvia il colloquio viene realizzato il patto psicologico con la persona che lo riceve, il professionista dovrà esplicare gli obiettivi della terapia e la metodologia che verrà utilizzata, ma soprattutto il professionista dovrà garantire alla persona la massima riservatezza sui contenuti che verranno trattati in terapia.

Il patto psicologico viene realizzato per far sì che la persona acquisisca fiducia e capisca che si tratta di un’opportunità seria per se stessa, per far sì che si metta completamente in gioco per poter sfruttare al meglio le proprie capacità. A partire dall’introduzione del conduttore, la persona può proporre dei temi e degli argomenti specifici e di varia natura sui quali desidera iniziare a lavorare, oppure se non si riesce a partire da una domanda specifica si può iniziare facendo il punto sul come procede la formazione, o su come la persona si aspetta che la formazione deve essere avviata. Una domanda che può avviare un colloquio può essere: che momento è questo per lei?

Seconda fase: ascolto della persona e approfondimento della sua conoscenza

Per indirizzare, ma principalmente supportare la persona per condurlo verso il proprio salto di qualità, la seconda fase è imprescindibile, non a caso è definita la fase più delicata ed impegnativa. Se ancora non sono state identificate tutte le problematiche specifiche si tratta di dover conoscere ancora la persona col fine di riuscire ad identificare tutti gli aspetti più utili e possibili della sua vita.

L’operatore durante il colloquio osserva la persona che ha di fronte e lo ascolta, allo stesso tempo prova a riflettere anche ad un meta-piano, ossia si deve chiedere quale sia il salto di qualità possibile che la persona può fare che si basa sul piano dell’atteggiamento e del comportamento di quest’ultima. Questa è un’attività molto delicata perché si tratta di un momento monto osservativo e diagnostico volto a comprendere quale sia l’area di difficoltà e quale, invece, sia quella di supporto. Si seguito alcune categorie ed indicatori di tipo psico sociale.

Il protagonismo e la responsabilità, in questo caso è importante valutare e dare una definizione all’atteggiamento della persona nei confronti della propria vita e del colloquio stesso.

  • La persona ha un atteggiamento protagonista o passivo rispetto alla propria vita, al proprio lavoro, alla formazione in atto?
  • L’attribuzione di cause rispetto agli eventi? È di tipo interno o esterno? Si assume la responsabilità delle proprie azioni?
  • Riesce a percepire di potere, in parte, incidere in prima persona sulla realtà della sua vita?

La dimensione del desiderio (accanto a quella della necessità e de bisogno):

  • mostra di possedere desideri o appare centrata sulla dimensione del bisogno e della necessità?
  • il ventaglio dei desideri delle possibilità percepite della persona è sufficientemente ampio?
  • si esprime con entusiasmo ed energia?

La pensabilità positiva e la progettualità personale:

  • la persona è in grado di proiettarsi oltre rispetto le situazioni attuali ricorrenti nella sua vita?
  • è in grado di prefigurare scenari futuri di valore?
  • possiede dei progetti personali e degli obiettivi che vuole raggiungere?

La valorizzazione e l’utilizzo delle proprie capacità e risorse positive:

  • bisogna individuare i che cosa il soggetto si piace e si apprezza, sia come persona ma anche per quanto riguarda il suo ruolo professionale;
  • è consapevole delle proprie capacità e possibilità?
  • è in grado di investire sulle proprie risorse positive?

L’acquisizione di risorse esterne:

  • la persona è in grado di investire sulle risorse esistenti nei contesti a cui appartiene o tende a concentrarsi sugli aspetti che mancano o presunti?
  • è consapevole di quali siano le risorse esterne per se stesso possibili ma soprattutto utili?
  • sa contribuire alla ricerca delle risorse che gli occorrono?

La gestione delle proprie difficoltà soggettive:

  • riesce a gestire in maniera sufficientemente adeguata alle proprie aree di difficoltà?
  • o ne risulta schiacciato e in difficoltà?
  • la percezione delle proprie difficoltà è corretta o sovradimensionata?

L’attitudine di sperimentare:

  • la persona ha un atteggiamento statico o dinamico quando si trova ad affrontare le situazioni?
  • riesce a sperimentare nuovi atteggiamenti e nuovi metodi comportamentali?
  • riesce a far fronte agli obiettivi e ai desideri personali, di assumersi dei rischi?

La percezione del lavoro: 

  • come intende il lavoro? Su di esso prevale la dimensione di necessità e bisogno o il lavoro è anche inteso come fonte di auto-realizzazione
  • com’è il rapporto con la sua organizzazione di lavoro?
  • qual è il grado di soddisfazione rispetto alla sua attività professionale? 

Il rapporto con chi circonda la persona:

  • come si comporta la persona con le persone che lo circondano?
  • è capace di stabilire alleanze positive al suo stile di vita?
  • è sensibile ai commenti e alle percezioni che gli arrivano dall’esterno?

A questa serie di parametri che servono a stabilire la base per il colloquio, l’indicatore fondamentale è il qui e ora, cioè le modalità attraverso le quali la persona si rapporta con il professionista, che se osservate in maniera accurata dicono molto sul soggetto e sui suoi comportamenti. Non bisogna solo limitarsi al significato razionale delle parole o semplicemente al racconto degli avvenimenti, e così si crea il legame che genera causa ed effetto.

Terza fase: intervento e consulenza

Dopo aver appreso con attenzione ciò che di importante accade durante la seconda fase, può prendere avvio la fase di consulenza, che ha come scopo l’obiettivo di supportare la persona e condurla ad individuare le proprie risorse interne che possono essere utili per far fronte ai suoi problemi e progetti, per far sì che le metta in atto nella vita quotidiana.

Desideri e obiettivi:

  • supportare la persona sulla dimensione del suo desiderio di conoscenza stimolando l’io desiderante della persona;
  • favorire la capacità della persona di mettersi in gioco con entusiasmo ed energia

Esplicitare sogni, desideri e speranze: 

  • che cosa sta cercando in questo momento?
  • cosa desidera?
  • cosa le servirebbe per stare meglio?

Indurre ad identificare salti di qualità possibili:

  • in che cosa gli piacerebbe crescere in questo momento?
  • se le chiedessimo ai suoi colleghi, capi e amici che cosa ci direbbero a riguardo?

Invogliare la persona attraverso la metafora della lampada di Aladino:

  • se in questo momento arrivasse Aladino e si mettesse al suo servizio, quale sarebbe il primo desiderio che gli chiederebbe?
  • e se magicamente Aladino riuscisse a realizzare il suo desiderio cosa succederebbe in seguito?
  • cosa cambierebbe rispetto al momento che sta vivendo ora?
  • quale valore aggiunto darebbe alla sua vita in desiderio che ha espresso?
  • cosa direbbero gli altri di lei?
  • chi delle persone che la circondano ogni giorno si accorgerebbe per primo del suo cambiamento?
  • chi ne sarebbe più contento?

Portare nel colloquio i periodi passati positivi della vita della persona

  • La domanda principale deve essere: mi può parlare di un periodo della sua vita che per lei è stato particolarmente bello e significativo?

Elencare e differenziare i bisogni e desideri in relazione a differenti ambiti ed aspetti della vita della persona

Il professionista deve chiedere alla persona: pensi alla sua attività professionale e provi ad identificare tutto ciò di cui ha bisogno e che le è indispensabile e tutto ciò di cui non ha necessariamente bisogno ma che le piacerebbe che accadesse e si realizzasse.

L’utilizzo della scala dei bisogni di Maslow e della Scala dei desideri di Bruscaglioni potrebbe rivelarsi essenziale per condurre la persona a comprendere i suoi reali bisogni. Provi a identificare in quale gradino della scala si trova in questo momento rispetto ai diversi ambiti della sua vita e quale è il salto di qualità che le interessa compiere.

Obiettivi pensabilità e progettualità:

  • è importante spingere la persona a proiettarsi nel futuro e aiutarla a costruire una pensabilità di se stessa positiva e stimolante, ma soprattutto nella quale la persona si riconosca e si piaccia, questo servirà come bussola di orientamento per poter costruire un momento presente solido;
  • stimolare la dimensione della progettualità di sé.

Aiutare la persona ad immaginarsi la situazione di desiderio realizzata con attenzione verso quelli che sono tutti gli aspetti concreti, ma anche quelli da un punto di vista emozionale.

  • Parliamo di lei che è riuscito a cambiare lavoro dopo molto tempo.
  • Il nuovo lavoro com’è?
  • Di cosa si occupa lei e come si sente a svolgere nuove mansioni?
  • Cosa le piace di più della nuova situazione lavorativa?
  • Qual’è la differenza tra il presente e il passato?

È importante non limitarsi ad un singolo esempio, ma cercare di espandere il margine per arrivare ad una conclusione molto più concreta e per costruire una progettualità di sé.

Ad esempio, il consulente chiede alla persona: parliamo delle persone che lavorano con lei, come sono? 

Fare vision al contrario in modo provocatorio verso la persona può condurti ad avere delle risposte, ad esempio: parliamo di lei che non fa carriera da oltre dieci anni.

Stimolare ad immaginare e a costruire mentalmente diversi futuri possibili

Far immaginare alla persona almeno tre scenari possibili e positivi, differenti tra loro.

Utilizzo dello strumento Margherita delle possibilità

Far disegnare alla persona una margherita e portarlo ad immaginare che ciascun petalo rappresenti una possibilità per il futuro, nel petalo bisogna indicare qual è la possibilità con delle parole chiavi significative che lo riguardano.

Bisogna fare un elenco di tutto ciò che la persona pensa e spera che la potrà aiutare nel proprio futuro.

Ad esempio, il consulente può chiedere: scriva quanti più aggettivi possibili che siano indicativi di come potrebbe essere lei nel futuro, rispetto sia rispetto ad opportunità concrete di vita che rispetto a stati d’animo.

Gioco dei personaggi interni

Bisogna far immaginare alla persona che ci siano dentro di esso diversi personaggi interni.

  • Chi sono?
  • A cosa servono e come si comportano?
  • Quali caratteristiche principali hanno?
  • Se potessero parlare, cosa direbbero?

Risorse interne

Obiettivi

L’obiettivo principale del consulente è quello di stimolare la persona a concentrarsi sulle sue risorse positive, su tutti i suoi punti di forza e di valori, ma anche quelli più suscettibili al cambiamento, e quindi favorire una percezione positiva di sé stesso.

È molto utile costituire una mappatura di tutte le risorse per mettere a fuoco e centrare i propri punti di forza. Per questo la persona deve riuscire ad immaginarsi tutti i suoi aspetti positivi che la caratterizzano e che la rendono speciale, inoltre deve chiedersi come le percepiscono le persone che la circondano. Mettere in atto un’analisi approfondita di tutti i casi passati di successo e tutte le sfide affrontate e vinte dal soggetto in questione. Bisogna individuare tutte le risorse utili e positive che sono state utili alla persona per riuscire a raggiungere mete ed obiettivi passati.

Risorse esterne

Obiettivi

Il consulente deve stimolare l’investimento psicologico e comportamentale sulle risorse esistenti nei contesti in cui la persona prende parte, e facilitare l’attivazione della persona per riuscire a procurarsi le risorse che gli occorrono.

La mappatura delle risorse esterne: che cosa è presente nel contesto circostante che può essere utile ed acquisibile per lei.

Individuazione di strategie volte al reperimento di tali risorse esterne. 

  • riuscire a supportare la persona nella gestione su tutti gli aspetti delle difficoltà;
  • ampliare la percezione di poter affrontare con successo tutte le difficoltà della vita.

Esplorazione dei momenti più critici che la persona ha affrontato e superato positivamente nella propria storia di vita. Porre una domanda, ad esempio: cosa l’ha aiutata dentro di sé in quella circostanza?

Analisi di situazioni in cui la persona è riuscita a non farsi bloccare dalle proprie difficoltà: quali sono le situazioni in cui è riuscito comportarsi diversamente dal suo modo abituale, che le provoca difficoltà?

Fare un’estensione positiva da aree in cui non ci sono problemi. 

Quarta fase: conclusione del colloquio

La quarta fase è molto importante per il patto psicologico stretto con la persona all’inizio della relazione terapeutica. In questo caso riguarda l’ancoraggio al reale di quanto elaborato in sede di colloquio. Sarà di grande aiuto dedicare una parte del lavoro alla progettazione e costruzioni di sperimentazioni, un po’ innovative che il soggetto proverà a mettere in atto.

In un primo momento si parte dai desideri e bisogno della persona, si cerca di condurre la persona a bypassare le difficoltà ed infine si cerca un’azione che consenta alla persona di sperimentare se stessa senza limiti, in tutti i comportamenti che prima della consulenza erano abituali. Questa è la reale proiezione sulla realtà della nuova pensabilità del soggetto, la quarta fase è la parte operativa del colloquio, in cui si innesca un processo che porta al benessere della persona.

Le tematiche e le problematiche che le persone portano in colloquio

Le tre principali macro aree sono: la persona a 360° cioè area del personale, area del sé professionale, area del rapporto tra la persona è il percorso formativo.

Nell’area del sé personale ci sono alcuni esempi:

  • povertà di tutte le speranze positive sul futuro personale e professionale;
  • percezione di possedere risorse personali inadeguate rispetto alle richieste elevate del mondo esterno;
  • percezione di non essere abbastanza in grado di affrontare le difficoltà da soli, senza il supporto di altre persone;
  • bisogno costante di supporto ed incoraggiamento;
  • difficoltà nell’accettazione di se stessi;
  • fatica nel riconoscere tutte le risorse positive e qualità personali;
  • difficoltà nel riuscire a contattare le proprie emozioni e l’abitudine ad utilizzare in modo esclusivamente difensivo, un registro comunicativo del tutto razionale e cognitivo;
  • fatica nel restituire importanza e legittimità ai propri desideri e bisogni;
  • difficoltà nel percepirsi una persona in crescita con obiettivi per il proprio sviluppo personale.

Due aspetti cruciali della crescita personale sono il protagonismo della persona e la valorizzazione di sé. Per quanto riguarda il primo aspetto tutte le persone avvertono uno scarso protagonismo rispetto a ciò che sono e fanno nella realtà, percepiscono di trovarsi dove sono per caso senza un obiettivo preciso, si sentono letteralmente in balia degli eventi. Hanno la tendenza ad attribuire le cause del loro malessere interno a fattori esterni ad essi e delegando anche a tutto quello che si trova all’esterno di essi, il compito di migliorare il proprio disagio interiore.

Il lavoro di consulenza in questo caso riguarda l’attivazione di un atteggiamento maggiormente responsabile volto ad essere e a sentirsi più protagonisti. Chi sono io? Cosa voglio davvero? Cosa posso fare per provare ad ottenerlo?

Il secondo aspetto della quarta fase riguarda la percezione del valore di sé espresso con la sicurezza delle proprie risorse, come timore di non essere mai all’altezza nelle situazioni reali. Le domande più frequenti sono: ci riesco o mi sento in difficoltà? quanto valgo? quando valgo per gli altri?

Il lavoro di consulenza è rivolto soprattutto all’individuazione dei punti di forza del soggetto, alla progettazione e alla sperimentazione attraverso quali la persona può rafforzarsi e riscuotere i propri successi.

Nell’area del sé professionale: le persone evidenziano difficoltà nello sviluppare pensabilità positiva rispetto al proprio futuro lavorativo e nel mettere a fuoco desideri professionali sui quali investire le proprie energie.

A chi importa cosa voglio fare? Tanto si sa che oggi il mondo del lavoro è in crisi, sei già fortunato se trovi lavoro, a me va bene qualunque cosa l’importante è lavorare.

Il lavoro di consulenza in questi casi assume una forte dimensione di orientamento. Deve avviare la costruzione di una propria pensabilità professionale attraverso un atteggiamento realista e costruttivo, in modo da non porsi come spettatori ma come attore al centro della scena.

L’esperienza dello stage appare, di solito, come una grande occasione per un confronto reale e concreto, offre: nuove possibilità che prima erano impensabili, la delusione rispetto alle proprie aspettative.

 

Nell’area relativa al percorso formativo come occasione di incontro e di confronto.

Sono molti i partecipanti che hanno preso parte e hanno parlato con entusiasmo e gioia del loro percorso formativo, altre invece hanno riportato un atteggiamento critico verso il colloquio, la struttura e le figure di autorità, compresi i tutor. Il lavoro di consulenza dei colloqui è stato soprattutto relativo allo sviluppo di un atteggiamento differente verso la formazione e l’apprendimento. È importante comprendere che l’apprendimento è una grande fonte di soddisfazione e crescita. La costruzione di una modalità che porta al saper integrarsi in un gruppo e ad essere aperti al dialogo e al confronto adulto con colleghi che con le figure dello staff.

Le caratteristiche che deve possedere il consulente

Compassionevole e non giudicante

Affinché una persona si senta a suo agio ad aprirsi al suo terapista, il consulente deve mostrare compassione per i problemi della persona e la persona deve sentire che non sarà giudicato. Il terapeuta non dovrebbe operare come se fosse un superiore che lavora con una persona inferiore; dovrebbe mettere da parte i propri valori e le proprie convinzioni e rispettare le convinzioni della persona, anche se sono in conflitto con le sue. Un terapeuta dovrebbe essere in grado di comunicare sia verbalmente che non verbalmente, in modo tale che diventi una persona di cui la persona può fidarsi. Se una persona si fida abbastanza del suo terapeuta da essere reale con lui, allora il terapeuta comprenderà meglio i problemi della persona e sarà in grado di aiutarlo a trovare soluzioni durature.

Stabile e sicuro

Un terapeuta dovrebbe essere stabile e coerente. Il suo ufficio dovrebbe essere un luogo di sicurezza per la persona. una persona può soffrire perché non ha coerenza o stabilità dentro di sé, soprattutto se soffre di un problema psichiatrico. Oppure, una persona può avere bisogno di una terapia perché la sua vita domestica è instabile. Trovare stabilità nell’ufficio del terapeuta può giocare un ruolo chiave nel far sì che la persona diventi stabile.

Onesto

Un terapeuta autentico e onesto gioca un ruolo chiave nella guarigione del suo cliente. Spesso, un terapeuta diventa inavvertitamente un modello per il suo cliente. Ciò significa che il terapeuta deve condurre la sua vita personale e professionale con onestà e integrità. Il terapeuta deve mostrare tratti che siano buoni da emulare e che aiutino la persona ad avere successo nella sua vita.

Scettico

Anche un buon grado di scetticismo gioca un ruolo importante nella terapia. Un terapeuta non dovrebbe credere a tutto ciò che la persona dice senza alcuna prova. I clienti a volte mentono per nascondere una verità che li mette in imbarazzo o per evitare responsabilità personali. I clienti possono anche ingannare se stessi. Un terapeuta deve pensare in modo critico e vedere oltre la superficie.

Intelligente e inquisitorio

Un terapista intelligente e curioso rimarrà aggiornato sulle ultime ricerche e sui piani di trattamento, in modo da poter aiutare i suoi clienti nel miglior modo possibile. Questo tipo di terapista ascolterà attentamente la persona, farà ricerche sui suoi problemi e lo aiuterà a spiegare perché la persona sta sperimentando i sintomi e quali trattamenti funzioneranno al meglio. Un terapista che non è disposto a fare ricerca da solo e a continuare ad apprendere non sarà in grado di fornire ai suoi clienti le migliori opzioni terapeutiche possibili.

Le tecniche del counseling in breve

La fase iniziale del rapporto terapeutico

I professionisti che si occupano di counseling sono tutti coloro che si dedicano all’aiuto di persone. Le supportano affinché i clienti riescano ad essere se stessi e a cambiare gli ambienti a loro circostanti. Quando un consulente incontra per la prima volta un paziente, inizia subito un periodo iniziale di conoscenza ed instaurazione di un rapporto terapeutico. Il consulente cerca di costruire una fiducia ascoltando la persona, ponendo delle domande stimolanti e attive e dando commenti al seguito dei racconti del paziente. Sia il consulente che la persona sono d’accordo: Lavoreremo insieme per il cambiamento. Questa è chiamata la fase iniziale.

Lavorare nel mezzo

Quando si instaura la fiducia, viene fatto il primo passo per un percorso costruttivo e formativo. Il consulente può utilizzare metodi di psicoterapia o counseling che coinvolgono la persona che parla attraverso domande, preoccupazioni o circostanze in cui il professionista dà un feedback, continua a fare domande reattive e aiuta la persona a sentire i propri pensieri, riformulando alla persona ciò che ha condiviso. Tecniche come il gioco di ruolo, il disegno rappresentativo o la rielaborazione, sono strumenti utili che l’assistente sociale utilizza. Altre abilità che aiutano la persona ad imparare a gestire i propri sentimenti sono la capacità di raggiungere l’interno dei propri silenzi, la comprensione dei sentimenti della persona e la modellazione da parte del consulente che condivide i suoi sentimenti. Tutti i consulenti psicologici utilizzano anche tecniche come la parzializzazione delle preoccupazioni, per aiutare a suddividere un problema complesso in pezzi più gestibili, o sostenere una persona estendendo il permesso in aree che erano considerate tabù per la persona.

La transizione verso la fine

Mentre il lavoro tra il professionista e la persona sta terminando, il consulente impiegherà metodi per aiutare la persona a passare a nuove esperienze, come la chiusura della relazione, le attività celebrative e il ripensamento del processo attraverso il dialogo, i libri di memoria, i disegni della linea del tempo o altri strumenti creativi per aiutare la persona a ricordare le competenze che ora possiede. Queste attività di chiusura preparano la persona a muoversi con più successo in nuovi ambienti grazie al senso di sostegno che deriva dall’esperienza di consulenza.

Conclusioni

Possiamo affermare con certezza che il colloquio, in tutte le sue forme, è formazione anche se non persegue l’apprendimento di tutte le competenze tecniche e specifiche, come del resto è anche in altri tipi di formazione. Il colloquio ha gli stessi obiettivi del sistema formativo, cerca di porsi in un’ottica di rafforzamento dei processi della formazione. Usa molte metodologie che sono di supporto per formulare una pensabilità positiva dell’apprendimento realizzato. Diventa situazione di aiuto nel reperimento di nuove risorse interne della persona, di supporto per l’aggiramento degli ostacoli esterni e delle difficoltà interne. Si tratta, per l’operatore di capire qual è il processo che una persona sta affrontando in quel momento specifico e di agire in tale senso di direzione. La dimensione relazionale di un colloquio può essere caratterizzata dallo strumento che la differenzia dalla situazione più ampia dell’aula e funge da forte acceleratore di processo e lo rafforza perché già in atto. Aiuta l’avvio di un processo nuovo laddove sarà possibile, è sempre preferibile forzare attraverso più possibilità di incontro e di lavoro.

Ho tratto informazioni e ispirazione dal libro di Elena Zucchi (2004). Il colloquio e l’intervista. Milano: Franco Angeli Editore.