Il processo di apprendimento, nella vita di una persona, è una componente costante e continua, che si verifica durante l’intero arco temporale dell’esistenza.
Nel corso delle epoche storiche, diversi filosofi e studiosi si sono approcciati al modo in cui l’essere umano è in grado di fare propri concetti e interpretazione della realtà che, da un lato, si sperimentano da un punto di vista soggettivo e, dall’altro, accomunano l’umanità intera.
Apprendere dall’esperienza fa parte di quel bagaglio di conoscenze che l’essere umano testa con il proprio vissuto e comprende attraverso sperimentazioni personali. Dal punto di vista etimologico, esperienza è un termine che deriva dai termini latini experientia (sostantivo), ed experiri (verbo), che significa “esperire, sperimentare” e si riferisce proprio a quell’insieme di conoscenze dirette, che tutti noi siamo in grado di acquisire mediante l’osservazione e l’interazione con una determinata sfera della realtà.
L’esperienza, in questo caso, diventa occasione di riflessione e conseguente modifica, di uno o più atteggiamenti nei confronti di un modello di riferimento, concetto o comportamento, segnando un prima e un dopo rispetto a precedenti convinzioni o interpretazioni della realtà.
Da questo punto di vista, le azioni che portano una persona a immagazzinare esperienza possono essere sia volontariamente cercate che dettate da contingenze o avvenimenti provocati da altre persone.
Tutto quello che gli esseri umani sperimentano durante la loro vita ne accresce il bagaglio di conoscenze ed è interpretato soggettivamente. L’approccio al concetto di esperienza è stato affrontato da molti studiosi, che tuttora cercano di definire il processo di apprendimento con l’esperienza in modo esaustivo e completo; Tagliapietra ha affermato che si tratta di un “capitarci che non ci aspettiamo”, volgendo la sua attenzione a ciò che, nel corso dell’esistenza, avviene a una persona, cambiandone alcuni aspetti legati al pensiero, all’azione o a entrambi. In quest’ottica, la conoscenza è la consapevolezza, la comprensione di accadimenti, informazioni o verità, maturata attraverso l’esperienza e/o la riflessione, la metabolizzazione a posteriori, mediante un dialogo interiore che l’essere umano intraprende con se stesso. É importante notare che l’insieme delle informazioni che costituiscono un determinato nucleo di conoscenza ha una potenza sinergica, poiché risulta più potente ed efficace dei singoli elementi che lo compongono e, presi a sé, hanno un’utilità ed effetti inferiori.
Deming, da parte sua, affermava che l’esperienza non è necessariamente l’equivalente di conoscenza, poiché molte persone possono sperimentare un ampio ventaglio di esperienze, nel corso della loro vita, senza però trarne un arricchimento in termini di conoscenza. Deming era un consulente manageriale, docente e saggista statunitense, con una solida formazione scientifica (era laureato in ingegneria), grande osservatore e noto al grande pubblico per il famoso Ciclo di Deming, una metodologia di gestione interattiva delle azioni, volta a migliorare processi e produttività. Deming era un grandissimo osservatore, e notò che, in un gruppo di persone con le medesime mansioni e responsabilità, poste nella stessa area di lavoro, alcune erano in grado di trarre benefici e insegnamenti anche da contrattempi e disguidi del sistema, mentre altre reagivano in maniera differente, passiva, mantenendo medio-bassa la qualità del proprio lavoro.
I modelli di apprendimento: una panoramica sugli studi recenti
Il processo di apprendimento è stato più volte preso in esame nell’ambito degli studi neurobiologici, secondo i quali il cervello di un essere umano acquisisce concetti, conoscenze e collegamenti in modo molto più reattivo e veloce, qualora sia spinto a metterli in pratica, ossia se li sperimenta in prima persona. La partecipazione, sia fisica che emotiva, da parte delle persone, mette in moto un meccanismo neurobiologico che ne incrementa il livello di attenzione e la capacità di memorizzare i concetti; questo è il nucleo di base su cui si fonda la tesi dell’apprendimento esperienziale.
A tale proposito, lo statunitense David Kolb, teorico educativo contemporaneo, ha chiarito i passaggi che rendono l’apprendimento tramite l’esperienza efficace ed efficiente.
La tesi dell’educatore è anche nota come Ciclo di Kolb, e si basa sul concetto fondamentale che l’apprendimento segue un percorso circolare; tale modello risulta di fondamentale importanza non solo a livello teorico, ma soprattutto pratico, poiché questo determina il learning cycle di Kolb, che determina 4 fasi, articolate in modo sequenziale; esse sono:
- esperienza, background concreti;
- osservazione orientata alla riflessione;
- elaborazione di concetti astratti;
- sperimentazione mediante la pratica attiva.
É proprio attraverso l’esperienza concreta che le persone sperimentano conoscenze e abilità mediante attività di qualunque tipo, anche ludiche o creative, come anche attraverso simulazioni.
Il passaggio riguardante l’osservazione riflessiva attiene all’elaborazione di concettualizzazioni astratte e interpretazioni di moti dell’animo, sensazioni o rapporti di causa-effetto che emergono nella fase esperienziale; sono diverse le modalità di lettura e schematizzazione dei modelli di comportamento: confronto, discussione, brainstorming.
La fase relativa alla concettualizzazione attiva ha come obiettivo la produzione e schematizzazione di concetti e capacità, partendo da un punto di vista necessariamente soggettivo, arrivando a concetti universali, attraverso lezioni e diagrammi.
L’ultima fase, quella della sperimentazione attiva, si esprime con l’implementazione di simulazioni, casi studio e laboratori, durante i quali sarà possibile valutare l’insieme di conoscenze e competenze acquisite nel corso delle esperienze nuove e situazioni mai vissute prima.
L’importanza della sperimentazione attiva è fondamentale, poiché essa stessa costituisce una nuova esperienza concreta, che determina nuove modalità di pensiero e azione, da testare nella vita quotidiana: l’ultimo step del ciclo sarà, quindi, la nuova base per un nuovo ciclo, in un’ottica di apprendimento continuo nel corso dell’esistenza.
L’esperienza formativa: un approccio pratico
A questo punto, è necessario chiarire cosa succede durante l’esperienza formativa. Prendendo ad esempio una lezione di cucina e utilizzandola come metafora dell’ambiente e dei processi aziendali, si noterà come, in entrambi i contesti, sia indispensabile utilizzare in modo efficace ed efficiente risorse, tempo a disposizione e metodi impiegati per il perseguimento degli obiettivi.
Come in cucina gli allievi sperimentano la fase relativa all’esperienza concreta testando le loro capacità, ma anche le dinamiche che si instaurano nel gruppo della cooking class, così anche in un contesto aziendale i collaboratori, a vari livelli, interagiscono tra loro e impiegano le risorse a loro disposizione per il raggiungimento degli obiettivi d’impresa.
Nella classe di cucina, gli step dell’osservazione riflessiva e della concettualizzazione astratta vengono facilitate da un mediatore, che semplifica e aiuta gli allievi a codificare le azioni emerse durante la lezione, incanalandole in ambiti quotidiani, che attengono sia alla sfera privata che a quella professionale.
L’ultima fase, quella della sperimentazione attiva, può prevedere l’esecuzione di questionari o simulazioni, che possano facilitare l’applicazione e la pratica dei concetti e delle abilità acquisiti.
Nel Ciclo di Kolb, le fasi della formazione tramite l’esperienza consentono di acquisire e affinare competenze e capacità indispensabili nella sfera personale e in ambito professionale.
Gli orientamenti fondamentale nel processo di apprendimento
Tenendo come riferimento di base il ciclo dell’apprendimento di Kolb, quest’ultimo ne ha individuato 4 orientamenti distinti; essi sono:
– orientamento all'”esperienza concreta”, indicato anche con la sigla EC: sono comprese in questa categoria i soggetti che tendono a sviluppare un coinvolgimento in prima persona nelle esperienze, con un particolare accento sull’aspetto emotivo e intuitivo rispetto a un approccio scientifico e oggettivo, in tutte quelle situazioni in cui si rende necessaria una soluzione a un determinato problema.
Le persone orientate a tale approccio mentale manifestano una grande abilità e flessibilità nelle relazioni sociali, con notevole capacità di interazione a tutti i livelli. Il contesto di riferimento è scarsamente strutturato e richiede apertura mentale, nonché grande attenzione e concentrazione;
– orientamento all'”osservazione riflessiva”, espresso anche con l’acronimo OR: coloro che manifestano questo modello di apprendimento sono volti a interpretare il significato di situazioni reali e concetti, ponendo l’accento sulle azioni dell’osservare e del comprendere, rispetto a quelle relative all’applicazione pratica.
In questo caso, le persone con un approccio all’osservazione riflessiva dimostrano notevole abilità nel delineare rapporti di causa-effetto, e pertanto nel determinare conseguenze logiche da ciò che accade. Inoltre, i soggetti che rientrano in tale orientamento tendono a osservare la medesima situazione da più di un punto di vista, evidenziando la capacità di esprimere giudizi imparziali, in maniera pacata e moderata;
– orientamento alla “concettualizzazione astratta”, indicato anche con la sigla CA: i soggetti volti a tale approccio tendono alla manipolazione di idee e concetti, rivolgendosi idealmente a principi logici; questo orientamento pone l’accento sulla velocità di pensiero e molto poco sull’emotività. In queste persone risulta molto spiccata la tendenza alla progettazione e alla pianificazione, come anche la manipolazione di simbologie e concetti astratti, allo scopo di determinare analisi quantitative. Le caratteristiche preponderanti che si notano in queste persone riguardano la precisione, l’attenzione alla disciplina e la strutturazione logica di elementi concettuali;
– orientamento alla “sperimentazione attiva”, espresso anche con la sigla SA: i soggetti inclusi in tale categoria tendono ad agire direttamente sulla realtà, intesa in senso ampio, e quindi riferita a persone o contesti, al fine di cambiarla.
La parola d’ordine di chi è orientato a un simile approccio è il fare, l’agire, a scapito della parte riflessiva. In questo modo, la realtà è un campo di gioco da affrontare con pragmatismo, in cui il corretto funzionamento delle cose è al primo posto, indipendentemente dal loro valore intrinseco.
Le principali abilità dei soggetti orientati alla sperimentazione attiva sono quelle legate all’intraprendenza e alla capacità di raggiungere gli obiettivi, spesso modificando le situazioni.
I quattro orientamenti determinano gli stili di apprendimento propriamente detti, che nascono dalla combinazione delle modalità di base e configurano lo stile di apprendimento individuale.
Kolb ha elaborato un grafico, che riporta ciascun modello in un diverso quadrante; il punto centrale, ossia quello di intersezione tra le linee corrispondenti ai modelli di apprendimento, risulta quello più equilibrato, in cui l’approccio è equidistante da tutti gli orientamenti. Il grafico è il frutto di numerosi test e operazioni implementati da Kolb stesso, che ha dedicato gran parte della sua esperienza di studioso ai modelli di apprendimento e alla loro categorizzazione.
Gli stili di apprendimento: i 4 modelli nel dettaglio
Kolb ha proposto, sulla base dei suoi studi e dei test eseguiti nel corso degli anni, 4 stili di apprendimento.
Il primo è denominato stile adattivo, ed è il risultato dell’interazione tra la sperimentazione attiva e l’esperienza concreta. Le persone che abbracciano tale modalità di apprendimento sono orientate all’azione basata sulla propria esperienza e la capacità di assumersi responsabilità e rischi legati al management di situazioni nuove o di emergenza.
Le problematiche sono affrontate da queste persone principalmente attraverso dell’istinto e, qualora la pratica dovesse smentire gli assunti teorici in precedenza assimilati, queste sono pronte a scartarli piuttosto velocemente.
I soggetti in cui si riscontra un tale approccio vivono una socialità soddisfacente, fluida e appagante; di contro, sono ritenuti talvolta insistenti, a causa della loro incessante attività e della loro volontà di cambiare cose e/o situazioni.
Lo stile di apprendimento divergente è determinato dalla congiunzione di esperienza concreta e osservazione riflessiva.
Coloro che sono dotati di questa modalità di apprendimento sono in grado di valutare le situazioni da diversi punti di vista, organizzando i vari elementi in un insieme coerente e logico. Lo stile è denominato divergente poiché i soggetti che manifestano tale approccio sono capaci di elaborare idee e/o soluzioni alternative rispetto a quelle esistenti.
Per quanto riguarda il lato emotivo, i soggetti che tendono ad adottare lo stile divergente sono molto attenti all’aspetto affettivo e relazionale delle situazioni in cui sono coinvolti.
Il terzo stile è quello definito convergente, ed è il risultato dell’unione tra la sperimentazione attiva e la concettualizzazione astratta. Le persone orientate a tale approccio sono in grado di affrontare e risolvere le problematiche attraverso decisioni concrete, applicando in modo pratico concetti e idee.
La denominazione di stile convergente deriva dal fatto che i soggetti caratterizzati da questo modello di apprendimento prediligono individuare un’unica soluzione, ritenuta giusta e l’unica possibile, in un determinato contesto.
Le persone convergenti sono orientate al ragionamento deduttivo secondo il quale, prendendo come riferimento concetti e idee generali, l’analisi si concentra su determinati aspetti specifici, al fine di pervenire a un risultato univoco e non confutabile.
Dal punto di vista motivo, i soggetti che adottano uno stile convergente sono piuttosto controllati, non manifestano apertamente le loro emozioni e preferiscono affrontare i problemi focalizzandosi sugli aspetti tecnici, piuttosto che analizzare questioni sociali o personali.
L’ultimo stile di apprendimento, quello assimilativo, è il risultato della convergenza tra concettualizzazione astratta e osservazione riflessiva. Chi è orientato verso tale modello di apprendimento denota notevole capacità di interpretazione di una grande quantità di informazioni e dati oggettivi, per riunirli in spiegazioni logiche e concetti astratti, invece che impiegarli nella risoluzione pratica nelle varie situazioni.
In questo caso, le persone assimilative sono caratterizzata da un’elevata capacità di analisi, con tendenza a esaltare e manifestare il lato razionale del proprio carattere, anche nei rapporti con gli altri e nelle occasioni sociali.
L’apprendimento e i suoi 4 stadi
Il processo di apprendimento è correlato all’esperienza e all’esposizione costante alla medesima tipologia di input esterni. L’essere umano, per sua stessa natura, tende alla propria evoluzione e al miglioramento; quest’ultimo aspetto è tutt’altro che automatico, ma passa attraverso diversi stadi e ha come scopo la propria autoconservazione e la continuazione della specie.
Le 4 fasi dell’apprendimento sono state individuate nelle seguenti: ignoranza, consapevole incapacità, consapevole capacità e inconsapevole capacità.
La fase dell’ignoranza (o dell’incompetenza inconsapevole)
Chiamata anche fase dell’incompetenza consapevole, pone l’accento sul fatto di ignorare determinate realtà, competenze e nozioni, basandosi sulla nota accezione latina del “non sapere”.
L’inconsapevolezza, e quindi l’ignorare qualcosa, rende sereni, poiché colui che sa di non sapere non si pone, di base, determinate problematiche; l’espressione popolare “beata ignoranza” si riferisce proprio a questa fase, in cui l’essere umano vive in una sorta di limbo protetto, in cui però non può e non deve rimanere a lungo, poiché non trae nessun beneficio o evoluzione da tale stato.
La fase dell’incompetenza consapevole è da sempre legata alla mediocrità e all’indolenza: infatti, è solamente quando un individuo si assume la responsabilità del proprio pensiero e delle proprie azioni può evolvere verso la seconda fase, quella della consapevole incapacità.
La fase della consapevole incapacità (o dell’incompetenza consapevole)
Questo step è anche definito come quello attinente all’incompetenza consapevole, poiché la persona prende coscienza di non sapere fare qualcosa. Dal punto di vista emotivo, questa fase determina ansia e notevole stress; emergono preoccupazioni, legate all’evidenza di non possedere determinate abilità o conoscenze. Ci si sente inadeguati e si percepisce la necessità di apprendere nuove abilità e competenze, benché il “come” sia ancora sconosciuto.
É proprio questo il momento in cui il soggetto si trova a un bivio e può decidere di rimanere nello stesso punto o evolvere; nella seconda ipotesi, avendo come base la propria mancanza, la frustrazione è la sensazione che prevale nell’animo umano. Allo stesso tempo, tuttavia, questa è la fase più stimolante, perché le proprie lacune possono costituire la spinta al cambiamento, al miglioramento e alla trasformazione del vorrei in un categorico voglio, che implica la messa in campo di tutte le proprie energie, fisiche e mentali.
La fase della consapevole capacità (o della competenza consapevole)
Chiamata anche della competenza consapevole, questa fase si contraddistingue per un notevole sviluppo delle proprie competenze e abilità, attraverso la costanza e l’impegno; i risultati ottenuti sono evidenti: a questo punto sono consapevole di essere in grado di fare una cosa o svolgere un’attività, e ho bisogno della massima concentrazione per portarla a termine.
La fase della consapevole capacità è molto delicata perché, se da un lato emerge una grandissima soddisfazione nei confronti delle proprie abilità e fiducia nel fatto che un grande impegno porta a un risultato, non bisogna mollare la presa, e continuare nel processo di apprendimento, con la coscienza, questa volta, dello sforzo necessario per raggiungere gli obiettivi. Diversamente dagli altri step, ora siamo pienamente edotti circa il lavoro che ci attende.
Fase della inconsapevole capacità (o della competenza inconsapevole)
Nota anche come competenza inconsapevole, questa fase si caratterizza per la presenza di abilità consolidate, al punto tale da non sapere consapevolmente di possederle.
É proprio in tale stadio che si sviluppano meccanismi automatici e istintivi, legati alla pratica continua e all’esperienza. Siamo talmente bravi a svolgere un’attività o ad apprendere concetti e nozioni che, se dovessimo spiegare a una persona come la modalità di esecuzione, potremmo incontrare delle difficoltà.
Ognuno di noi attraversa ognuna di queste fasi durante l’apprendimento di conoscenze nuove: l’esempio più eloquente è rappresentato dall’imparare ad andare in bicicletta; all’inizio ci sono voluti innumerevoli tentativi, cadute, sensazione di non farcela. Con la pratica, siamo diventati sempre più bravi, coordinando i movimenti, restando in equilibrio per un numero di pedalate sempre più elevato. Con il passare del tempo, abbiamo sperimentato la velocità, la conduzione della bicicletta con una mano sola o senza mani, automatizzando il movimento dei piedi e il mantenimento dell’equilibrio.
Queste fasi necessitano della partecipazione diretta della persona, in ogni momento: il processo, quindi, non è mai automatico, e ha bisogno di impegno ed esercizio costante.
La valorizzazione dell’esperienza in quanto momento fondamentale nell’apprendimento
In questo contesto, valorizzare la propria esperienza come nodo centrale dell’apprendimento e della formazione continua risulta fondamentale, sia nella vita quotidiana che durante l’esercizio di un’attività professionale.
Porre il giusto accento sull’importanza dell’esperienza significa semplificare e rendere fluido il processo che rende il “non conosciuto” e implicito conosciuto ed esplicito, nonché facilitare la descrizione dell’esperienza in quanto tale.
Le tappe che accompagnano l’analisi dell’esperienza
I passaggi che contraddistinguono l’analisi dell’esperienza possono essere sintetizzati nei seguenti:
- stabilire presupposti di natura etica e metodologica, che implicano la massima riservatezza, il rispetto delle informazioni confidenziali, l’ascolto attivo, con particolare attenzione alla metodologia, non esprimendo giudizi o consigli, se non espressamente richiesto;
- elaborare un discorso, un’argomentazione, una tesi, delle immagini, associazioni logiche: l’insieme di tali attività determina l’oggettivazione degli input ricevuti;
- l’analisi degli output, mediante l’elaborazione di categorie o modelli, che consenta di strutturare in maniera logica quanto emerso.
Il Ciclo di Kolb e l’analisi dell’esperienza
Il Ciclo di Kolb si integra con l’analisi dell’esperienza, nella misura in cui quest’ultima costituisce il punto di partenza dell’osservazione riflessiva, della successiva elaborazione di concetti, strettamente personali, e alla loro sperimentazione. Tale contesto fa parte del proprio bagaglio di conoscenze e, come tale, rimane ancora in una dimensione tacita, non espressa e inconsapevole.
L’anello di congiunzione tra il Ciclo di Kolb e l’analisi dell’esperienza è dato dall’esperienza vissuta che, per tradursi in una dimensione esplicita, e quindi maggiormente consapevole, necessità di una oggettivazione esplicativa, che si concretizza mediante le azioni pratiche, la cui ripetizione incrementa il bagaglio di esperienza vissuta di un individuo. Il ciclo si ripete all’infinito, nel processo di apprendimento legato all’esperienza.
I metodi per far emergere le conoscenze implicite
Vi sono diverse tipologie di colloquio, con la finalità di portare alla luce l’insieme di nozioni e conoscenze apprese; esse sono:
- riflessione verbalizzata: in questo caso, colui che agisce spiega, durante l’azione, la modalità di esecuzione ed eventuali rapporti di causa-effetto (faccio così perché altrimenti….);
- narrazione di casi concreti o interviste a carattere biografico: mediante tale tipologia di spiegazione si utilizzano accadimenti avvenuti in passato o esperienze maturate da altre persone per evidenziare determinati fenomeni o categorie di azioni;
- interviste non direttive: in questi casi, l’intervistato ha il ruolo preponderante rispetto all’intervistatore; lo scopo è quello di dimostrare alcuni concetti mediante domande e confronto diretto;
- intervista ermeneutica: si tratta di un’evoluzione dell’intervista non direttiva, non strutturata, che ha lo scopo di comprendere l’insieme di significati, regole e simboli che guidano le attività delle persone;
- colloqui clinici piagetini, che sono condotti secondo i quattro stadi, teorizzati dallo studioso svizzero, dello sviluppo cognitivo;
- evocazione di metafore, mappe e interpretazione di diari e scritture: consiste in un metodo di lettura di fonti diverse, al fine di definire meccanismi di comportamento delle persone in determinati contesti;
- intervista al sosia: in un colloquio di questo tipo, si domanda all’intervistato di pensare all’intervistatore come al suo sosia;
- colloquio di esplicitazione: si tratta di una tecnica di formazione che ha come base la presa di coscienza dei propri modi di agire e ragionamento, allo scopo di sviluppare nuove abilità professionali e competenze;
- metodologie di autoconfronto: attraverso il confronto con uno o più soggetti, si cercano comportamenti e azioni comuni in determinate situazioni.