Cosa sono i neuroni e quali sono le loro peculiarità?
Come funzionano e a cosa servono?
Cosa accadrebbe se il cervello non fosse dotato dei neuroni specchio?
Qual’è l’importanza del buon esempio per i neuroni specchio?

Osservando un neonato, nelle fasi della sua crescita, può a volte risultare sorprendente la velocità con la quale fin dall’infanzia un essere umano riesca a comprendere e ad interpretare quello che accade nel mondo che lo circonda. La cosa diventa ancor più stupefacente nei primi anni di vita, ossia nel periodo delle prime scoperte, quando il bambino inizia anche con i primi approcci di linguaggio.

Dall’esterno, le persone comuni danno quasi per scontati tutti questi passaggi, ignorando che all’origine degli stessi ci sia un complesso e meraviglioso meccanismo che governa ogni interpretazione e apprendimento, in modo preciso e determinato.

Non così banale fu invece la spiegazione di tutti questi comportamenti per il Professor Giacomo Rizzolatti che verso la metà degli anni ’90 fece una delle scoperte più importanti per il campo neurobiologico: i neuroni specchio.

Cosa sono i neuroni e quali sono le lore peculiarità

Per comprendere la funzionalità dei neuroni specchio bisogna partire dal concetto iniziale di neurone. Il neurone è una cellula base – a tutti gli effetti la più piccola che ci sia – del tessuto del sistema nervoso. Ogni neurone permette di ricevere e trasmettere impulsi nervosi ed è in grado di produrre quelle sostanze che vengono chiamate neuro-trasmettitori.

È grazie ai neuroni che all’interno del nostro sistema cerebrale possono essere messe in atto tutte quelle funzioni cognitive e comportamentali che fanno parte della nostra vita quotidiana, come ad esempio pensare, parlare, mangiare, camminare e così via. I neuroni parlano fra loro grazie alle sinapsi, che sono dei collegamenti intercellulari. Questa comunicazione avviene attraverso appunto i neuro-trasmettitori, sostanze chimiche prodotte dai neuroni stessi, che attraverso un impulso nervoso vanno a stimolare la cellula successiva.

Il nostro cervello contiene circa 100 miliardi di neuroni che si differenziano fra loro in base alla categoria (unipolari,bipolari e multipolari), alla forma (piramidale, stellato e fusiforme) e alle loro funzionalità (sensitiva o afferente, intercalare, motore o efferente). Ci sono poi, come si diceva inizialmente, i famosi neuroni specchio, che sono una particolare tipologia di neuroni che si attivano praticamente quando un certo soggetto imita un’azione vista già in un altro individuo oppure quando agisce emulando un dato comportamento, sulla base di ciò che ha visto fare ad un suo simile.

La scoperta di quelli che sono stati battezzati come neuroni specchio è avvenuta in un modo del tutto casuale, presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’università di Parma. Mentre il neurofisiologo Rizzolatti e i suoi colleghi ricercatori si stavano dedicando allo studio della corteccia premonitoria di alcuni macachi, durante l’esperimento fecero una scoperta illuminante. Nello specifico, quando uno dei medici dell’equipe si spostò per afferrare una banana, che serviva per un test successivo, gli scienziati si accorsero che in un’area ben determinata del cervello della scimmia si attivarono alcuni neuroni. Fino ad allora si pensava che in quella stessa parte i neuroni reagissero soltanto per funzioni motorie e fu proprio quella la cosa sorprendente: realizzare che quei determinati neuroni fossero in grado di attivarsi non solo quando la scimmia compiva una certa azione, ma anche solo quando la scimmia vedeva compiere da altri la stessa medesima azione.

Questa fu una delle scoperte più importanti del ‘900 a tal punto che il neurologo Vilayanur S. Ramachandran affermò che i neuroni specchio sarebbero stati per la psicologia ciò che il DNA è stato per la biologia.

A partire, poi, da questa straordinaria scoperta, sono state numerose le ricerche che sono state portate avanti per indagare il rapporto tra i neuroni specchio ed il linguaggio, in modo da cercare di decodificare i processi che avvengono all’interno del nostro cervello. Proprio i neuroni specchio hanno fatto sì che ci siano state nuove basi neuroscientifiche dalle quali partire per poter dare valore a quella che era la teoria dell’apprendimento imitativo. Un sistema “mirror” che si attiva nel momento esatto in cui un’azione viene eseguita alla stesso modo di come è stata attivata l’azione osservata. Si è partiti da studi di natura elettrofisiologica, per aprire nuovi campi di indagine e dar così il via a tutta una nuova serie di sperimentazioni.

Come funzionano i neuroni specchio e a cosa servono

Per capire in modo semplice come funzionano i neuroni specchio possiamo riprendere le parole del loro scopritore, il neuroscienziato Rizzolatti, che spiega di fatto come queste cellule nervose si attivino per imitazione: ” Per esempio, se guardiamo qualcuno che beve una birra fresca, nel nostro cervello si attivano le aree necessarie a compiere esattamente quel gesto, anche se noi, nella realtà, poi non lo facciamo. E c’è chi avverte persino la sensazione del fresco nella sua bocca”. Pare dunque che questi neuroni, proprio come fa uno specchio, riflettono quello che vedono partire dal cervello altrui. Da questo concetto prende origine il loro nome.

Il meccanismo, così espresso, sembrerebbe pertanto piuttosto semplice: un soggetto di fronte ad un certo comportamento di un altro soggetto ripercorrerebbe all’interno della sua mente quell’azione, rivivendola anche se non la compie oppure ricordando un passato in cui lui stesso aveva compiuto la medesima azione.

Cerchiamo un esempio concreto. Luca osserva Anna che sta per afferrare un bicchiere di birra. Mentre guarda, Luca capisce cosa sta facendo Anna e ne comprende anche la motivazione, ancor prima che la stessa porti il bicchiere alle labbra per sorseggiare la bevanda. Questo avviene proprio perché Luca in modo veloce ed immediato sta elaborando l’informazione sensoriale e, sulla base delle sue passate esperienze, può trarre delle corrette conclusioni logiche.

Dalla scoperta dei neuroni specchio, negli anni successivi sono partiti diversi studi e varie ricerche per poter meglio comprendere il funzionamento neuronale. Oltre a confermare che sono proprio i neuroni specchio che danno all’uomo la capacità di mettersi in relazione con altri individui, pare che sulle logiche dello stesso meccanismo si basi anche il riconoscimento delle emozioni altrui. In parole povere quando osserviamo qualcuno soffrire o gioire, nel nostro cervello si attivano le stesse aree di quello strato neuronale che si sarebbero accese qualora fossimo stati noi a provare le stesse emozioni. I neuroni specchio sono dunque fortemente collegati con l’empatia umana, la capacità ossia di percepire le emozioni degli altri, immedesimandosi nelle loro situazioni e diventando con essi solidali.

Attenzione, però, poiché non è detto che l’empatia si sviluppi sempre e comunque in ogni situazione. Diciamo che ci sono occasioni ad esempio in cui l’empatia non scatta, dato che i neuroni specchio non si attivano in quanto un individuo non riconosce se stesso nell’altro. Questo potrebbe avvenire a causa di retaggi culturali o magari in presenza di troppa razionalità. Si può facilmente, infatti, constatare che l’essere umano riesce ad essere molto empatico con il proprio entourage familiare, con gli amici o con chi condivide le stesse proprie idee e passioni, mentre fa più fatica con chi considera per qualche motivo diverso da se stesso.

Cosa accadrebbe se il cervello non fosse dotato dei neuroni specchio?

Beh, innanzitutto avremmo una grossissima difficoltà a comprendere il significato delle azioni altrui e di conseguenza risulterebbe molto complicato relazionarsi l’uno con l’altro. Se oggi riusciamo, tramite queste cellule cerebrali, solo grazie e attraverso l’osservazione a decifrare i comportamenti e le intenzioni altrui, senza le stesse non troveremmo corrispondenza in quasi nessuna delle azioni di chi ci sta intorno.

Questo, oltre a rendere la vita sociale molto più ridotta e priva di corrette e sane relazioni, potrebbe portare l’essere umano in una posizione piuttosto instabile e pericolosa. Comprendere e saper leggere le emozioni degli altri rappresenta anche una forma di salvaguardia della nostra specie – e spesso anche di quella animale – dato che ci fa distinguere il bene dal male, le buone dalle cattive intenzioni, e così via. Chiaro che in mancanza di questa preziosa facoltà ci si potrebbe ritrovare in difficoltà o in stati di confusione e magari si potrebbe anche ferire o umiliare gli altri, non essendo capaci di provare sentimenti o emozioni positive, dando origine a conflitti e guerre.

È stato addirittura ipotizzato che la causa di alcune gravi patologie, quali ad esempio l’autismo, siano causate proprio dall’assenza o dal malfunzionamento dei neuroni specchio.

Una persona autistica non è in grado di instaurare relazioni sociali come normalmente invece fanno le altre persone, riporta ritardi consistenti ed evidenti nello sviluppo linguistico, nonché anomalie nel parlato, e presenta un comportamento ripetitivo fatto quasi sempre di ossessivi rituali. Lo stesso neurologo indiano Vilayanur S. Ramachandran, già precedentemente menzionato, è stato di fatto la prima persona a teorizzare che tale sindrome abbia come causa la disfunzione appunto dei neuroni specchio, constatando che proprio le aree in cui tali cellule cerebrali sono presenti sono quelle in cui nell’autismo vengono evidenziate disfunzioni cognitive. Grazie a successivi studi fatti tramite utilizzo dell’elettroencefalogramma questa intuizione è stata supportata e confermata, aprendo qualche spiraglio di luce alla comprensione di una malattia che ad oggi resta ancora alquanto sconosciuta.

Numerosi studi ipotizzano, inoltre, che dall’esistenza del meccanismo a specchio nasca la capacità dell’uomo di imitare gli altri individui. Si tratta della riproduzione involontaria dei gesti che si osservano, scaturita dell’elaborazione celebrale che i neuroni specchio permettono. Pensate per un attimo ai bambini che emulano i comportamenti degli adulti pur non avendone mai visto prima nemmeno uno e pur non conoscendone il significato. Per i bambini l’imitazione è fondamentale per la loro crescita e di conseguenza maggiori sono gli stimoli esterni maggiore e più veloce è il loro sviluppo cerebrale, poiché si va a creare nella loro testa un archivio enorme di informazioni da andare a ripescare nel momento del bisogno, per analizzare e comprendere determinati atteggiamenti e situazioni. Senza stimoli il cervello sarebbe quasi paralizzato. Fate caso, ad esempio, al fatto che i bimbi nei loro primi anni di vita sono molto bravi a leggere le espressioni facciali e a decifrare dai gesti e dai comportamenti le emozioni dei loro genitori.

Viene quasi spontaneo credere che se non possedessimo i neuroni specchio il processo di sviluppo del nostro linguaggio probabilmente non potrebbe avvenire in modo così rapido e spontaneo. Oggi si è certi che i neuroni specchio diano all’uomo la capacità di interpretare i gesti e di conseguenza poi associarli alle parole e alle intenzioni altrui. Si tratta di un processo naturale e biologico, in grado di far relazionare gli uomini gli uni con gli altri.

L’importanza del buon esempio per i neuroni specchio

Se partiamo dal presupposto che un essere umano che ha dei neuroni specchio perfettamente funzionanti sia in grado di imparare dai comportamenti altrui e di imitare poi gli stessi atteggiamenti, da questa affermazione è facile giungere a due conclusioni:

1 – se i neuroni specchio vengono alimentati da gesti positivi, da emozioni buone e dal “bello”, sono soliti rispondere attivando a loro volta comportamenti positivi così come – allo stesso modo – se sono invece alimentati da gesti negativi non fanno altro che attivare le medesime azioni negative. Bellezza genera altra bellezza e bruttezza genera altra bruttezza.

2 – diventa la figura chiave di fondamentale importanza quella che assume l’educatore in un processo di formazione

In riferimento al primo punto lo stesso Rizzolatti, insieme al supporto di alcuni giapponesi, ha portato avanti degli esperimenti coinvolgendo l’arte e la scultura. Attraverso i dati delle risonanze magnetiche effettuate su alcuni soggetti presi in esame, è risultato che alcune opere erano in grado di attivare proprio le aree dell’encefalo in cui sono presenti i neuroni specchio. I test sono stati fatti utilizzando le immagini di alcune sculture classiche, come i Bronzi di Riace, e di alcune opere rinascimentali, come la Venere del Botticelli, la cui bellezza è legata a inconfutabili e indiscutibili parametri – quali ad esempio la proporzione – prima deformandone le dimensioni e poi sottoponendole ai volontari nel loro aspetto originale. Ne è scaturito che mentre poco accadeva nel primo test, sorprendente era la risposta allo stimolo della visione del bello. Attraverso l’osservazione delle opere d’arte originali si è stati dunque in grado non solo di attivare la corteccia cerebrale, ma anche e soprattutto di andarne a colpire la parte emozionale, quella che entra in empatia e procura piacere. È per questo che bisognerebbe circondarsi solo di cose belle ed evitare di farsi bombardare da violenza e sofferenza.

Per quanto riguarda il punto due, se si è capito il funzionamento dei neuroni specchio si converrà che è di vitale importanza per un qualsiasi individuo – specie in tenera età – che lo stesso sia circondato da esempi positivi e da insegnanti modello. L’educatore, il formatore, la maestra, lo stesso genitore diventano i punti di riferimento e partenza per lo sviluppo cerebrale dei propri “allievi”. E se è vero che il meccanismo a specchio si attiva automaticamente in presenza di un dato comportamento, è altrettanto vero che è necessario che tali figure diano esempi positivi e corretti.

Pensiamo per esempio a quanto può contare la nostra responsabilità sociale a livello biologico, proprio sulla base di come reagiscono in ogni uomo i neuroni specchio. Se noi, per esempio, esprimiamo uno stato d’animo negativo siamo in grado di modificare anche l’umore e la percezione di tutti coloro che ci stanno intorno in quel determinato momento, di tutti quelli che vengono a contatto con noi, volenti o nolenti. Vi è mai capitato che il capo ufficio arrivi al lavoro di pessimo umore e di conseguenza anche la vostra giornata viene rovinata e tutto diventa grigio? Ecco, intendiamo proprio questo. Ciò non è utile nè per noi nè per gli altri, ma è proprio quello che accade quando due cervelli si mettono in relazione e la conseguenza è che anche chi ci sta intorno, per imitazione, si predispone automaticamente in modo negativo influenzando potenzialmente altri individui.

E’ proprio per tale ragione che nel momento in cui veniamo a conoscenza di questi meccanismi dovremmo agire di conseguenza, ritardando le nostre azioni, i nostri modi di fare, i nostri comportamenti, allo scopo di ridurre o addirittura evitare che la negatività venga propagata. Se ci avete fatto caso, quando siete venuti a contatto con una persona positiva, solare, piena di energia, anche voi stessi vi siete sentiti molto meglio e di conseguenza più felici. E’ di fatto quello che accade anche quando andate ad un concerto o guardate un film comico in televisione, perché anche le immagini e le scene televisive possono coinvolgere a livello globale i vostri neuroni specchio, a tal punto da farci credere che siamo noi stessi a vivere la parte dei protagonisti del film.

In qualsiasi campo oggi si continua a ripetere che per imparare ci vogliono buoni esempi, che l’esempio vale più di cento parole, che un maestro è colui che insegna facendo. Tutte affermazioni totalmente vere, se si pensa che un uomo imita molto spesso quello che vede fare agli altri.

Conclusioni

Se pur ognuno di noi, in modo completamente naturale e biologicamente automatico, possegga ed attivi i propri neuroni specchio senza nemmeno conoscerne l’esistenza, il meccanismo di queste cellule andrebbe profondamente compreso per poterlo utilizzare in modo costruttivo nella vita di tutti i giorni.

Innanzitutto pensiamo all’empatia, uno dei più bei sentimenti umani che possa esserci. Grazie all’empatia si potrebbero risolvere o addirittura evitare molte discussioni, si potrebbe entrare meglio in comunicazione con gli estranei, si sarebbe in grado di entrare nel cuore delle persone avvicinandosi maggiormente a loro, indipendentemente dalla razza e dalla religione.

Se è poi vero che l’esempio è ciò che maggiormente conta, si potrebbero basare su tale concetto i numerosi corsi di formazione che troppo spesso vengono esercitati soltanto a livello teorico. L’educatore sarebbe in grado di trasferire i propri valori in modo più veloce e senza dover spendere troppe parole. Anche per tutta quella serie di figure professionali, quali gli psicologi, i terapisti, i personal trainer, i coach spirituali diventerebbe molto più semplice mettersi in relazione diretta col proprio “paziente” al fine di accelerare i processi di crescita e/o di cura.

Pensate poi a quanto potrebbe essere strategico considerare la funzione dei neuroni specchio in ambito marketing. Chi fa pubblicità saprebbe esattamente come andare a colpire la parte emozionale del pubblico, testando su un campione di diversi soggetti i propri lavori e scegliendone per la promozione quello che risulta essere il maggior attivatore e stimolatore cerebrale.

Alla stessa stregua tale analisi sarebbe utilissima anche per tutti gli artisti, per gli scultori, i registi, i cantanti, gli attori e chiunque abbia un prodotto che debba catturare l’attenzione e la benevolenza delle masse per avere successo.

Ricordiamoci, però, che i neuroni specchio agiscono meglio solo in presenza della realtà perciò più è veritiero ciò che si va ad osservare maggiore è la risposta del cervello.

Ho tratto informazioni e ispirazione dal libro di Giacomo Rizzolatti & Lisa Vozza (2008). Nella mente degli altri. Bologna: Zanichelli.